Precisazione Colgo lopportunitą della nuova tecnologia per aprire questo sito e premetto che č nato dallesigenza di far conoscere quanto da tempo giace nel mio cosiddetto cassetto per un atto damore verso la mia terra e la mia cultura arberesca. La mia modesta fatica inoltre potrebbe essere dincoraggiamento ad altri per indurli ad operare come me e certamente meglio di me per la salvaguardia della nostra identitą culturale. Ogni contributo, anche se modesto, unito ad altri diventa importante. Le mie ricerche sono state scritte con lalfabeto shkjipetaro (Shqip) e utilizzando alcuni segni non riscontrabili in esso, per due ragioni fondamentali: la nostra grafia č influenzata da quella latina e alcuni fonemi non li riscontro in Shqip e vorrei esprimere la mia stima per chi opera per la salvaguardia della nostra lingua e non la pensa come me: nessuno č depositario della veritą. Io sono stato allievo e assistente nellultimo decennio di vita del sempre compianto prof. Giuseppe Gangale ed ho condiviso e condivido il suo metodo. Inviterei gli studiosi a leggere il testo:Flįmuri Edhé Vistįri frutto di un gruppo di studiosi coadiuvati dal prof. Gangale nellanno 1965. Naturalmente non escludo che le tesi o alcune, in esso contenute, per ovvie ragioni storiche, vadano rivalutate, adeguate e rilanciate alla luce dei giorni nostri. Per quanto riguarda la grafia rimanderei gli studiosi alla pubblicazione Lingua Arberesca Restituenda e Saggio sulla grafia schipetara-arberesca. Quando ci recavamo negli insediamenti arbereschi della Calabria per le nostre ricerche, il prof. Gangale usava un metodo molto semplice: pregava i vecchi e i giovani di scrivere il nome delloggetto che indicava loro, nella parlata locale. Naturalmente i vecchi che si e no avevano frequentato la terza elementare , nello scrivere, usavano i caratteri latini a loro pił familiari. Scrivevano, quindi, a volte con una incerta scrittura: zop (il pezzo) e non cope; zilli, zilla (chi, il quale, la quale) e non cili, cģle; zogha (vestito tradizionale albanese) e non cohė; za (alcuni) e non cą; zaddņ (alcuni, qualche) e non cadņ. On (nostro) e non yni; Ņsht (č ) e non ėshtė; sciumburia (la madonna) e non shėmbėrģ; Mama (la mamma) e non mėma; Chi(kj)umsti (il latte) e non qumėshti; (J)ioma (la madre) e non jėma; zhomar (cuore) e non zėmėr; e zhezha (nera) e non e xexa;
cfr. Solano pag. 4 Manuale di lingua Albanese Corigliano Cal. 1972; cfr. Giordano in Fjalor, ed. 2000 a pag. 716: xhixhė, xixė;
gigia (djidja (scintilla) e non xixa; (dj)gipun (giubbotto) e non zhypun; gkuri (pietra) e non guri; gheghi/ghegha (il ghego, la ghega) e non gegi, gega; gkisht (dito) e non gisht; ngkit (tocca) e non ngit; degk (ramo) e non degė; zhogk- u (uccello, luccello) e non zogė ; e ligk (cattiva) e non e ljigė; kiē (chiave) e non qyē; zindzer (cicala) e non cinxėr; mizha (mosca) e non miza.
Tralascio gli innumerevoli esempi alla ricerca di chi legge.
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