Lettera del prof. Emilio Tavolaro
Pubblico anche la seguente lettera di Emilio Tavolaro che, parlandomi di Anselmo Lorecchio, mio paesano, ridestò di più il mio amore per la nostra cultura.

S. Benedetto Ullano 2 sett. 1970

Caro D. Mario, da un mio compaesano ho ricevuto i vostri opuscoli, vi ringrazio tanto del dono che testimonia il ricordo e l'amicizia che avete per me.

Accetto il fraterno rilievo. Di Anselmo Lorecchio era da tempo che mi ero propositato di scrivere, ma il tempo m'è venuto meno; io però spero scrivere qualcosa presto, anche perchè il 1984 ricorre il primo Cinquantenario della sua morte.

Ebbi per diversi anni tra le mani uno dei suoi primi scritti: «La Questione Albanese» stampato a Catanzaro e non ricordo più a chi l'abbia prestato. Inutilmente sto cercando la raccolta di scritti intitolata: «Albania». II Lorecchio ne pubblicò nove volumetti. Egli conosceva perfettamente la lingua e la letteratura albanese e per avere girato in lungo ed in largo l'Albania, conosceva le vicende, i bisogni e le aspirazioni. Nella sua lunga propaganda per la causa albanese aveva conosciuto tanti studiosi che come lui anelavano ad una libera Albania e con essi si mantenne in continuo contatto.

Posseggo, quanto Lui scrisse nell'Aprile 1924 e cioè alla sua morte, il Senatore Amedeo Giannini, sulla Rivista "Europa Orientale".

E' facile trovare a Pallagorio qualche suo scritto? Comunque ho diverso materiale tra le mani per stendere seppure una breve monografia; altro me lo farò inviare dall'Università di Tirana.

Sull'argomento ritornerò a scrivervi quando avrò il materiale tra le mani.

Il Lorecchio come ben sapete fu anche poeta. Nel 1897 scrisse questa poesia:

IL FANCIULLO ITALO - ALBANESE

Era mesta la mamma e m'ha detto che al di là dell'adriaca

marina v'è una terra ch'è detta divina abitata da un popol

divin.

Quella terra m'ha detto la mamma come Italia ha

i suoi celi fulgenti ha sui colli le vigne ridenti là

si vede l'arancio fiorir. Quella terra ci è patria,

m'han detto; gli avi nostri colà son nati; vincitori

mai vinti dai fati fur costretti raminghi esular.

Bella Italia, ci hai dato le case,

cittadini ci hai fatto e tuoi figli; e noi

grati, partiam nei perigli, Albania ed

Italia nel cor!

Anche nel 1897 ne scrisse un'altra anche bella: l'Aquila di Scanderbeg. Vi fo pariecipe che a S. Demetrio Corone, nello scorso dicembre, per atto Notar Mazzei abbiamo costituito l'Unione delle Comunita Albanesi (UCIA) di cui a parte vi spedisco lo statuto. Sono il Presidente.

Stiamo organizzando un grande convegno che tratterrà sul tema: la lingua albanese oggi, al fine di sensibilizzare l'opinione pubblica e gli uomini di governo per l'approvazione della legge sull'insegnamento della lingua albanese nei comuni ove essa si parla. A nome dei 300 mila albanesi d'Italia chiederemo forte il rispetto dell'Art. 6 della Costituzione.

Di quello che andremo a fare ve ne darò comunicazione attraverso il Bollettino dell'Unione in corso di stampa.

Avendo occasione di vedere il caro D. Peppino Montagnese o qualcuno di famiglia, me li salutate caramente.

Con tanti ossequi, raccomandandomi alle vostre preghiere,

vi abbraccio caramente.

Emilio Tavolaro

Dal Dizionario Italiano-Albanese e Albanese-Italiano di don Mario Ferraro Vrasaqi da Pallagorio e arciprete di Crucoli.

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