Nelle campagne di San Nicola
cantavano le cicale
nella piccola vigna di Braille,
assolato mezzogiorno d’estate.
il signor zio curava
la vigna e mi parlava,
al nipote vestito di nuovo
giunto da Catanzaro.
“Figliolo, se mi sposerai
la figliuola di Braille
queste vigne saranno tue”.
Il signor zio mi proponeva,
il signor zio dai capelli bianchi,
accanto al fico dei Bisbano.
Il nipote non rispose
chè aveva visto sulla via del fiume
due ragazze, cariche di frasche,
due mele di vita maturate
e nutrite dal sole.
“Ragazze mie”, disse lo zio,
“da dove provengono queste
frasche?
mi dice il cuore
che queste sono della proprietà
mia di Kalameety.”
“No, signor zio,
chi mai l’ha vista oggi Kalameety?
Signor zio, che tu possa vivere
cent’anni e oltre
ma tu vuoi portarti in cielo
la proprietà di Kalameety?”
Non rispose loro lo zio
ma un’ombra gli passò sul suo
viso,
viso cereo, i capelli bianchi
sotto i raggi del sole.
Con bocche sorridenti
cariche scendevano,
ma una di loro, magara,
strizzò l’occhio
al nipote venuto dalla città
capoluogo, Catanzaro,
con le scarpe lustre
con vestiti cuciti
da abili sarti di Catanzaro.
Egli l’osservò mentre
s’allontanavano
cariche, sudate
i giovani piedi nudi.
Il sole brucia nel silenzio;
Lo zio pensa alla fossa,
il nipote pensa alle labbra
rosse e agli occhi neri.
E cantavano le cicale
nella vigna carica di buona uva
la vigna, dote della signorina
Angelina dei Brailla.