Argilla delle
colline d’argilla
intorno alla
città di Crotone,
senza foglie,
senza alberi,
pallida, un
corpo esangue,
plasma del
mondo, prima che
nostro Signore
seminasse la semenza delle erbe
dal sacco della
misericordia.
Argilla delle
colline d’argilla
intorno alla
città di Crotone,
io stendermi nel
tuo
suolo polveroso,
possa io
accarezzare te come accarezza
un bambino il
corpo materno,
possa nascondere
la mia tristezza
nel tuo seno di
cenere,
ascoltando il
mio cuore
che ancora oggi
batte.
O, lasciatemi,
lasciatemi vedere
l’arida terra
delle colline
di Crotone
quando dorme
il sole dietro
le montagne
infiammando i
cieli,
annerendo
l’odisseo mare.
E io vado, solo
io vado
nella solitudine
polverosa
lontano si
accendono le luci
della città che
era di Pitagora,
ed ora della
Montecatini.
Che cosa
c’importa del fumo
il fumare della
Montecatini
a noi,
battezzati
dal fumo
dell’Apocalisse?
Ricordo gli
eremiti
che questi
pendii hanno superato
scalzi, col
sacco sulle spalle,
una madonna nera
sul petto.
O argilla
intorno a Crotone,
vergine pallida
della creazione,
quante volte ti
sono passato accanto!
Ma soltanto ora
vedo
il non scritto
che è scritto
nella povertà
della tua polvere.
O segno di ciò
che siamo
da dove veniamo,
dove andiamo,
o bianca
sorella, lasciami che ti prenda
nella mano! Cola
tra le dita
mie, come oro
puro!
Un soffio di
vento leggero
la solitudine
cretosa risveglia,
e si riversa su
di me.
Chi è che viene
nell’imbrunire?
Che non sia
Nostro Signore stasera
che su queste
colline passeggi
come nella sera
della creazione?
Io fuggii come
inseguito
dai cani del
Paradiso.