In alto
nel campanile di Caraffa
salii
ieri
in cerca
di nidi.
non ne
trovai,
ma,
rovistando
trovai
alcuni foglietti di carta
vecchi ed
impolverati
di circa
trecento anni e più.
Uno
raccontava del battesimo
di
Dialusa della famiglia Gangale.
Feci il
segno della croce e gridai
“O
semenza del mio sangue disperso
sulle
colline della Calabria!”
Un
desiderio mi prese improvviso
di
Dialusa mia parente.
Andai
dalla civetta:
“Sentite,
signora uccello,
civetta
di lunga vita,
che canti
su questo ulivo
dalla
fondazione di Caraffa
conoscesti tu la figlia dei Gangale
che si
chiamava Dialusa?
Si,
figlio mio, bella
e buona
era Dialusa.
I miei
nidi non toccò.
Abitava
la porta numero dieci
i vicini,
da una parte, erano i Bubba
e
dall’altra gli Sciumbata.
La sera
ella si sedeva sulla soglia
accudiva
i suoi bambini, filava,
attendeva
il ritorno del marito
Pietro,
della famiglia dei Mustachio.
“Oh,
signora civetta,
poco ti
dico e non molto:
perchè so
che sei una fattucchiera:
dimmi che
cosa devo fare
perch’io
possa vedere Dialusa
fiore del
mio sangue”.
No,
figlio mio, la chiave
di ciò
non ce l’ho,
Chiedi al
signor curato”.
“Signor
curato, ben trovato”
“Benvenuto, figlio mio!”
“Signor
curato, dovresti aprirmi
il
Paradiso, il Purgatorio
perch’io
possa vedere per un istante
la sposa
di Pietro il defunto
Il fiore
del mio sangue
“Tu sei
colpevove, o di peccati pieno!
Nel voler
vedere i morti.
Vieni
subito a confessarti
a
confessarti e a comunicarti,
perchè tu
possa lavarti questo peccato,
e fai
dire una messa
per la
pace di Dialusa.”